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Offende il proprio superiore durante l’orario di lavoro: illegittimo il licenziamento se il C.C.N.L prevede solo una sanzione conservativa

La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con la sentenza oggi in rassegna, ha stabilito che il dipendente non può essere licenziato per motivi disciplinari, se la condotta è punita dal C.C.N.L. solo con una sanzione conservativa.
Secondo la Suprema Corte, proprio perché quella di giusta causa o giustificato motivo è una nozione legale, le eventuali difformi previsioni della contrattazione collettiva non vincolano il giudice di merito. Egli ha il dovere, in primo luogo, di controllare la rispondenza delle pattuizioni collettive al disposto dell’art. 2106 c.c. e rilevare la nullità di quelle che prevedono, come giusta causa o giustificato motivo di licenziamento, condotte per loro natura assoggettabili solo ad eventuali sanzioni conservative.
Il giudice non può, invece, fare l’inverso, cioè estendere il catalogo delle giuste cause o dei giustificati motivi soggetti di licenziamento oltre quanto stabilito dall’autonomia delle parti, nel senso che condotte, pur astrattamente ed eventualmente suscettibili di integrare giusta causa o giustificato motivo soggettivo ai sensi di legge non possono rientrare nel relativo novero se l’autonomia collettiva le ha espressamente escluse, prevedendo per esse sanzioni meramente conservative.

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Trasformazione a tempo parziale e licenziamento

La Cassazione civile, sez. lav., con sentenza del 27 ottobre 2015, n.21875, ha stabilito che non può concorrere a dimostrare la sussistenza del giustificato motivo oggettivo l’indisponibilità della lavoratrice a ridurre il proprio impegno orario, considerato che, ai sensi dell’art.5, co.1, D.Lgs. n.61/00 – abrogato, come l’intera legge, dall’art.55, co.1, lett.a), D.Lgs. n.81/15 – il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in parziale, o viceversa, “non costituisce giustificato motivo di licenziamento”.

La norma nazionale, interpretata alla luce di quella comunitaria, impone di ritenere che il datore di lavoro che licenzi il lavoratore che rifiuta la riduzione di orario ha l’onere di dimostrare che sussistono effettive esigenze economico­organizzative in base alle quali la prestazione non può essere mantenuta a tempo pieno, ma solo con l’orario ridotto, nonché il nesso causale tra queste e il licenziamento.