La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con sentenza 3 novembre 2016, n. 22313, ha ritenuto che il datore di lavoro ben possa effettuare controlli mirati al fine di verificare il corretto utilizzo degli strumenti di lavoro, tra cui i personal computer aziendali, ma che nell’esercizio di tale prerogativa occorra rispettare la libertà e la dignità dei lavoratori, nonché, con specifico riferimento alla disciplina in materia di protezione dei dati personali dettata dal Codice della privacy, i principi di correttezza di pertinenza e di non eccedenza, laddove tali controlli possono determinare il trattamento di informazioni personali, anche non pertinenti, o di dati di carattere sensibile: ne consegue che deve essere cassata con rinvio la sentenza di merito che dichiara illegittimo il licenziamento disciplinare senza il controllo fattuale in ordine alle concrete modalità con le quali l’ispezione era stata condotta sul personal computer dell’incolpato, onde accertare la reale consistenza delle attività effettuate e delle richieste degli ispettori, nonché la loro conformità con eventuali policy aziendali.
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Repêchage: onere della prova sempre a carico del datore e vicinanza della prova
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con sentenza 11 ottobre 2016, n. 20436, ha stabilito che l’onere di allegazione e collaborazione da parte del lavoratore in tema di repêchage non deve essere interpretato come una sostanziale inversione dell’onere probatorio, che l’articolo 5, L. 604/1966 pone inequivocabilmente a carico del datore di lavoro, tenendo, peraltro, conto della linea evolutiva della giurisprudenza in tema di onere della prova, che va accentuando il principio della vicinanza della prova, inteso come apprezzamento dell’effettiva possibilità per una parte di offrirla. È palese, infatti, che il lavoratore non ha accesso (o non ne ha di completo) al quadro complessivo della situazione aziendale per verificare dove e come potrebbe essere riallocato, mentre il datore di lavoro ne dispone agevolmente, sicché è più vicino alla concreta possibilità della relativa allegazione e prova. In definitiva, è illegittimo il licenziamento per soppressione del posto di lavoro se il datore non prova l’impossibile repêchage, anche se il lavoratore ha omesso di indicare in quale posizione poteva essere ricollocato in modo utile nell’impresa.