Mobbing: decisivo l’intento persecutorio che unifica le condotte in un disegno comune

Il fenomeno del mobbing, per assumere giuridica rilevanza, implica l’esistenza di plurimi elementi, la cui prova compete al prestatore di lavoro, di natura sia oggettiva che soggettiva e, fra questi, l’emergere di un intento di persecuzione, che non solo deve assistere le singole condotte poste in essere in pregiudizio del dipendente, ma anche comprenderle in un disegno comune ed unitario, quale tratto che qualifica la peculiarità del fenomeno sociale e giustifica la tutela della vittima. Lo ha ribadito la Suprema Corte con sentenza del 15 febbraio 2016, n. 2920