Con sentenza n. 21875 del 27 ottobre 2015, la Corte di Cassazione ha dichiarato illegittimo il licenziamento del lavoratore che si rifiuta di ridurre il proprio impegno orario, sulla base della previsione contenuta nel D.L.vo n. 61/2000, confermata dall’art. 8, comma 1, del D.L.vo n. 81/2015.
Nel caso di specie, una direttrice sanitaria ha impugnato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimatole dal Centro di medicina nucleare presso cui lavorava, in quanto sosteneva che il recesso fosse sorretto da un motivo illecito con carattere ritorsivo, ovvero dipendeva dal fatto che avesse rifiuto di acconsentire alla riduzione a 20 ore settimanali del suo orario di lavoro.
La Corte d’appello confermando il rigetto del ricorso del Tribunale, ha affermato che il licenziamento della lavoratrice fosse giustificato da motivi economici dimostrati e da scelte organizzative insindacabili, l’azienda, infatti, versava in condizioni di deterioramento finanziario e per questo si era vista costretta ad una riorganizzazione economico-aziendale, con una conseguente riduzione dei costi del personale dipendente. La Corte dichiarava, inoltre, che lo stesso licenziamento non avesse né carattere ritorsivo né discriminatorio, ma era dipeso da una scelta datoriale di utilizzare due direttori sanitari a tempo parziale.
Diversamente dai giudizi di I e II grado, la Cassazione ha, invece, dichiarato che il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in parziale, non costituisce giustificato motivo di licenziamento, ai sensi dell’art. 5, co. 1, del D.Lgs. n. 61/2000, abrogato, come l’intera legge, dall’art. 55, co. 1, lett. a), del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, a decorrere dal 25 giugno 2015.
Tale divieto di licenziamento, derivante direttamente dall’applicazione della Direttiva Comunitaria sul tempo parziale (Direttiva 97/81/CE del 15 dicembre 1997), può essere superato soltanto nella ipotesi in cui sia dimostrato, in giudizio, che sussistono oggettiva esigenze aziendali che impediscono la prosecuzione del rapporto a tempo pieno.
Pertanto, la norma nazionale, interpretata alla luce di quella comunitaria, impone di ritenere che il datore di lavoro che licenzi il lavoratore che rifiuta la riduzione di orario ha l’onere di dimostrare che sussistono effettive esigenze economico- organizzative in base alle quali la prestazione non può essere mantenuta a tempo pieno, ma solo con l’orario ridotto, nonché il nesso causale tra queste e il licenziamento.
Salve avv. Io sono stato licenziato per motivo soggettivo ma in realtà ero divenuto parzialmente idoneo temporaneo per 6 mesi dalla visita presuntiva per assenza oltre i 60 giorni. L’azienda mi aveva proposto un part time che io ho espressamente rifiutato perché in azienda facevo diverse mansioni al di fuori del mio contratto di saldatura. Dopo il rifiuto alla trasformazione del part time l’azienda mi ha ugualmente trasformato il contratto senza il mio consenso giustificando si che non aveva altri posti vacanti . In seguito io mi sono rifiutato di lasciare l’azienda perché il datore di lavoro mi forzata ad andarmene facendo intervenire le forze dell’ordine.